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<p><strong>Gli episodi di Atletico Levane-Fortis Arezzo e Sangiovannese-Settignanese stanno facendo discutere. Una squalifica di due anni è un pericolo sociale: alla ricerca di una sanzione educativa, e non solo punitiva, con Calcio Fair Play Toscana</strong></p><p>Vorremmo parlare sempre e solo di gol, parate, risultati, classifiche, lotte per il titolo e per non retrocedere, scudetti vinti e trofei alzati. Ma il calcio, si sa, non è solo questo e a volte ci porta a fare i conti con episodi spiacevoli che, per quanto avvengano sul terreno di gioco o in prossimità di esso, hanno poco a che fare con quei concetti di gioco e divertimento che, in fin dei conti, dovrebbero rappresentare la base di questo sport. La stretta attualità racconta di due storie, avvenute nel giro di poche settimane, che riguardano ragazzi giovanissimi, e poco importa se la divisa era quella della loro squadra o del direttore di gara. E di provvedimenti – una squalifica di due anni e una partita sospesa a causa del ritiro di una delle due compagini – di fronte ai quali è doveroso fermarsi un attimo, riflettere, porsi alcune domande e cercare delle risposte. Abbiamo provato a farlo con chi, ormai da anni, fa del fair play la sua missione: Andrea Vaglini e Francesco Cesari, rispettivamente vide presidente e presidente dell'associazione Calcio Fair Play Toscana. </p><p><strong>IL PRESIDENTE DI CALCIO FAIR PLAY TOSCANA FRANCESCO CESARI</strong></p><p><strong>D'un paio di settimane fa un episodio che ha fatto rumore. Giovanissimi B, Atletico Levane contro Fortis Arezzo: piovono insulti verso l'arbitro che crolla psicologicamente, l'allenatore degli ospiti ritira la squadra. Che cosa ne pensi?</strong></p><p>Credo che l'allenatore della Fortis Arezzo abbia mandato un messaggio fortissimo, avendo il coraggio di sdegnarsi di fronte all'atteggiamento che stavano avendo alcuni adulti fuori dal campo. Penso che abbia dato un bellissimo insegnamento ai suoi atleti, a quelli dell'altra squadra e a tutte le persone presenti. </p><p><strong>Gesti estremi come questo servono davvero? Il regolamento prevede sconfitta a tavolino e penalizzazione in classifica per chi ritira la squadra: credi che debba cambiare qualcosa sotto questo aspetto?</strong></p><p>Sì, penso che a volte possano essere utili anche certi gesti estremi. L'allenatore ha rinunciato ai tre punti e la sua squadra ha subito una penalizzazione perché oggi le regole sono queste, ma lo ha fatto per una giusta ragione. Per il futuro credo che potrebbero essere valutate anche altre soluzioni, ad esempio un time out quando le partite raggiungono livelli di tensione troppo elevati su decisione dell'arbitro o su richiesta di uno dei due allenatori. Anche un solo minuto di stop potrebbe aiutare a stemperare la tensione. </p><p><strong>Lo scopo della Partita Applaudita, vostra iniziativa nata negli scorsi anni, era proprio sensibilizzare su questo tema. La riproporrete? Se sì, con le stesse modalità o ci saranno delle novità?</strong></p><p>Sì, ci sarà una seconda edizione della Partita Applaudita a febbraio o marzo 2026. Abbiamo già svolto degli incontri con la Federazione e con ANCI, co-organizzatori del progetto insieme alla nostra associazione. La novità è che stavolta questa iniziativa non riguarderà soltanto la categoria Under 14 maschile, ma anche l'Under 15 femminile. </p><p><strong>Calcio Fair Play Toscana non è solo la Partita Applaudita: ci illustri altri progetti e iniziative in programma per questa stagione sportiva? </strong></p><p>Proveremo a organizzare sul territorio delle serate intitolate “Fare calcio giovanile oggi”, degli incontri tra addetti ai lavori nei quali andremo a confrontarci su tematiche operative d'attualità. Il 3 novembre, ad esempio, ci sarà una serata in cui parleremo del fenomeno dello scouting nella scuola calcio, un tema che interessa tutti e che riguarda anche il rapporto tra dilettanti e professionisti. A fine stagione ci sarà poi la prima festa di Calcio Fair Play Toscana, mentre nelle prossime settimane partiremo con un nuovo progetto sperimentale che abbiamo chiamato “Il termometro del Fair Play”. Si tratta di uno strumento semplice, una scheda nella quale il rilevatore segnerà alcune cose durante una partita proprio con l'obiettivo di misurare il livello di fair play durante l'arco del match. </p><p><strong>IL VICE PRESIDENTE DI CALCIO FAIR PLAY TOSCANA ANDREA VAGLINI</strong></p><p><strong>Partiamo dalla stretta attualità, che racconta di una squalifica di due anni a seguito dei fatti di San Giovanni Valdarno. Che opinione hai in merito?</strong></p><p>Faccio una doverosa premessa: ogni associazione che si rispetti, che sia a carattere sportivo, politico o altro, deve avere delle regole a cui è giusto attenersi. Al tempo stesso, però, chi governa e gestisce deve capire se queste regole sono attuali per i tempi e la società in cui viviamo, e in caso contrario cambiarle. In questo senso ho trovato molto positivo l'inserimento della possibilità di ridurre le squalifiche a lungo termine, commutandole nello svolgimento di servizi sociali e di volontariato presso associazioni che operano in questo senso. Venendo ai fatti di San Giovanni Valdarno l'idea che mi sono fatto, non essendo presente alla partita, deriva sostanzialmente da quanto scritto nel comunicato ufficiale. È accaduto qualcosa di piuttosto grave che purtroppo ha visto coinvolti dei ragazzi, probabilmente coetanei, e che ha portato a delle sanzioni pesanti per loro e per la società in questione. Devo dire che oggettivamente, pur in un contesto generale di relativa tranquillità quale dovrebbe essere una partita di calcio giovanile, gli episodi di questo genere si sono intensificati negli ultimi anni. Probabilmente c'è qualcosa che dobbiamo analizzare, valutare e cercare di modificare, perché troppo spesso ormai si raggiungono livelli esasperati di tensione.</p><p><strong>Indurre un ragazzo ad allontanarsi dallo sport, in questo caso dal calcio, può avere ripercussioni anche sul piano sociale. A maggior ragione in un'epoca come quella che stiamo vivendo, quanto può essere dannosa una cosa del genere?</strong></p><p>Praticare sport è essenziale per una sana e corretta crescita, sia fisica sia caratteriale, e smettere per colpa di un evento come una lunga squalifica potrebbe dunque avere delle ripercussioni negative sul ragazzo. È però evidente che quando il provvedimento è così severo, allora significa che ci troviamo in presenza d'un gesto abbastanza grave e si entra in un labirinto di regolamenti e casistiche che diventa difficile sviscerare in pochi minuti. I quesiti sono sempre gli stessi: le pene sono eccessive? Si fa il bene del ragazzo? Si ottiene davvero ciò che si vorrebbe? Rispondere è difficile, anche perché in questi casi c'è sempre una parte offesa che chiaramente rivendica un certo tipo di giustizia. Si tratta di argomenti particolarmente delicati che meriterebbero riflessioni molto più approfondite.</p><p><strong>Quali alternative si potrebbero trovare?</strong></p><p>Come dicevo, ci vorrebbe un'analisi molto più profonda per tentare di elaborare delle risposte. Diciamo però che, tendenzialmente, un'idea potrebbe essere quella di combinare delle sanzioni educative. Da tanti anni porto avanti un'idea che prevedrebbe, per chi si macchia di atti ostili nei confronti degli arbitri, un'obbligatorietà di svolgere il ruolo di tutor nelle partite degli Esordienti. In altre parole, ad esempio, una squalifica di un anno potrebbe essere ridotta a sei mesi nei quali il ragazzo coinvolto dovrebbe arbitrare le partite della categoria suddetta, che ovviamente non prevede direttori di gara federali. Sarebbe educativo per il ragazzo, che si renderebbe conto della difficoltà del ruolo dell'arbitro, e anche utile per le società, che spesso hanno difficoltà a reperire tutor per le gare degli Esordienti.</p><p><strong>Che cosa rispondi a chi dice che le squalifiche, più o meno lunghe che siano, costituiscono l'unico modo per “punire” chi sbaglia ed evitare che certi episodi si ripetano?</strong></p><p>È evidente che gli autori di atti sconsiderati debbano essere adeguatamente e proporzionalmente puniti per il gesto che hanno compiuto, ma al tempo stesso dobbiamo tenere presente che si parla pur sempre di ragazzi che stanno attraversando una fase delicata della loro crescita. Non solo nel calcio, ma anche in altri contesti si verificano casi di violenza che coinvolgono ragazzi di giovane età. Credo dunque che sia importante, oltre che sanzionare, educare chi compie certi gesti e non lasciarlo solo, perché il rischio è che il ragazzo si perda e che la punizione resti fine a sé stessa. È corretto sanzionare, per una questione di giustizia sportiva nei confronti della parte offesa, ma non dobbiamo dimenticarci che abbiamo a che fare con dei ragazzi che in quanto giovani sono portati a sbagliare e compiere dei gesti che a volte, magari, sono anche indotti dal clima eccessivamente tensivo che si respira, purtroppo, sempre più spesso intorno a una partita di calcio. Dovremmo aprire una parentesi fin troppo grande, ma è ormai tristemente noto che da parte degli adulti – che siano allenatori, dirigenti o genitori – sempre più spesso vengano create situazioni di eccesiva competitività che poi si riflette negativamente sui ragazzi in campo. Per concludere: va bene la sanzione, ma con un occhio di riguardo alla componente della sensibilità del ragazzo. Trovare l'equilibrio tra le due cose è molto difficile, ma dobbiamo sforzarci tutti per riuscirci.</p><p><strong><em>Giulio Dispensieri</em></strong></p>